A
CHIETI
GITA
LUNGO LA COSTA DEI TRABOCCHI DEL 14 AGOSTO 2004
Riprendendo il
viaggio si arriva a Rocca San Giovanni in bella posizione
sull’apice di uno sperone roccioso, mostra i tratti
dell’antica cinta muraria e dell’antica torre medievale.
Nell’alto Medioevo, il Paese fu possesso di alcune famiglie
della nobiltà franco longobarda, e in seguito fu interessato
alla colonizzazione benedettina entrando a far parte del
patrimonio dell’Abbazia di San Giovanni in Venere. Il suo
nome deriva dall’utilizzo che i monaci ne fecero: una rocca
munita di torri e alte mura in cui rifugiarsi durante le
scorribande dei Saraceni, molto frequenti all’epoca. Verso
la metà del 1500 subì la decadenza dell’Abbazia e a fine
‘700 fu reintegrata nel Regio Demanio. Il Paese attuale,
dedito soprattutto all’agricoltura con un invidiabile
territorio che si affaccia sul mare, si presenta come uno
dei posti più suggestivi e caratteristici dell’intera costa
adriatica grazie alla presenza dei centenari trabocchi che
abbelliscono le sue scogliere. E’ divenuta, nella seconda
metà del XVII secolo, la patria della famosa famiglia dei
Verì, venuti probabilmente dalla Francia, abilissimi
artigiani, esperti in guadi dei fiumi chiamati pontuaroli
per l’abilità nel gettare passerelle. Si insediarono in un
ambiente suggestivo e selvaggio mentre, contemporaneamente,
un altro nucleo familiare proveniente dalla Germania, una
comunità di tessitori, cardatori, funai, dedita ai piccoli
commerci, occupava un sito adiacente. Questi ultimi
cominciarono a chiamare <virr> le famiglie di origine
francese, per la vita disordinata che conducevano. Dalla
deformazione fonetica e lessicale di <virr> si arrivò a Virì
e presto a Verì. I Verì, rudi, di notevole stazza fisica,
fortissimi, audaci, rissosi, non sapevano navigare, né
nuotare, ma erano geniali <pontieri>. Gettarono ardite
passerelle sull’acqua, di scoglio in scoglio, e le prede
erano abbondantissime. Divennero anche abili fiocinatori e
arpionatori e, essendo in grado di lavorare il ferro e il
legno, arricchirono l’impalcato iniziale in legno con
diagonali semplici o con croci di 5. Andrea. Provarono poi a
portare delle travi fuori dall'’impalcato a cui appendere le
reti, ma i materiali non erano idonei e mostravano scarsa
resistenza agli agenti atmosferici. Le travi marcivano, le
funi avevano poca tenuta, le reti dovevano essere
sostituite frequentemente. Finalmente scoprirono le querce
e i lecci, ma non di rado, nonostante la costruzione
migliori, sotto il peso delle reti e del pescato, la
struttura crollava e bisognava ricominciare da capo. Un
evento importante, la costruzione della ferrovia, assicurò
l’arrivo di nuovi materiali e nuove tecnologie e l’utilizzo
del filo di ferro. La struttura del trabocco cominciò a
cambiare, a diventare più leggera, i componenti più esili.
Oggi il trabocco ormai è solo un elemento d’arredo della
costa del paese di Rocca San Giovanni, e raramente è
possibile incontrare qualche vecchio pescatore calare e
issare le reti.
Restiamo un bel po' a
visitare l'Abbazia. Cosa curiosa nei paraggi abbiamo
l'occasione di ammirare quello che forse è stato il più
vecchio albero di ulivo di tutta la regione Abruzzo, subito
immortalato con la mia digital.
Riprendiamo la nostra strada dirigendoci verso Vasto, antica
e importante cittadina in bella posizione panoramica sulla
costa adriatica, Vasto si adagia su una ripida collina e su
una ridente spiaggia di sabbia finissima in uno dei golfi
più belli della Regione Abruzzo, tanto da meritarsi
l’appellativo di <Golfo d’Oro>. L’antica Histonium al tempo
dei Romani, che la leggenda vuole fondata da Diomede, dalle
vecchie tradizioni e dalla grande cultura, ha fatto del
turismo una delle sue vocazioni. Guasto (cioè <terra
spopolata>) nel Medioevo, quando fu distrutta nel corso
delle invasioni barbariche, e infine Vasto, sino agli anni
sessanta, si è sempre configurata come modesto borgo di
pescatori. Oggi Vasto ha conosciuto un rapido sviluppo
economico e demografico che ha portato la sua popolazione a
toccare quasi il numero di 40.000 abitanti. Patria del poeta
e patriota Gabriele Rossetti e dei pittori Fratelli Palizzi,
Gabriele Smargiassi e Valerico Laccetti, Vasto offre ai suoi
visitatori non soltanto una vacanza fatta di mare e sole, ma
anche la possibilità di godere la vista di un invidiabile
centro storico in cui fanno bella mostra le testimonianze
tangibili di un passato glorioso. Il Palazzo D’Avalos, di
origine trecentesca, ristrutturato nel ‘400 e ricostruito
nel 1587, oggi accoglie il Museo Archeologico e la
Pinacoteca che conserva numerosi dipinti dei Fratelli
Palizzi e di illustri pittori abruzzesi del XIX secolo. La
Chiesa di Santa Maria Maggiore risale alla fine del secolo
XI e ha l’interno neoclassico, tele di pregio come <Lo
Sposalizio di S. Caterina> attribuita al Veronese e la
<Madonna col Bambino> appartenente alla scuola di Tiziano,
opere di noti artisti rinascimentali, che testimoniano il
forte legame di Vasto con Venezia. Nel corso del ‘700 la
Chiesa è stata ampliata ed oggi è meta di turisti e
religiosi per la presenza della Cappella della Sacra Spina,
dove sono conservate le reliquie della Spina della Corona di
Cristo, particolarmente care al popolo vastese, che vengono
portate in solenne processione il Venerdì Santo. La
Cattedrale di San Giuseppe risale al XIII secolo e ha subito
vari restauri che ha reso l’interno goticizzante; pregevole
è il portale romanico del 1293 opera di Ruggero De’
Fragenis. Attribuito allo stesso artista è il portale
ogivale con artistici rilievi della Chiesa di San Pietro,
unico resto dell’antica costruzione inghiottita da una frana
nel 1956. A poca distanza, lungo il Muro delle Lame, si
trova la Chiesa di S. Antonio con portale gotico e interno
con ornamenti barocchi. Tra le costruzioni civili di
rilevanza artistica il Castello Caldoresco di origine
duecentesca e messo a difesa della città, che all’epoca era
vittima di frequenti saccheggi, impone la sua costruzione
quadrangolare, con baluardi e torri risalenti al 1439, su
tutto
il centro storico di stampo spagnoleggiante. Da questo
punto alto della città lo sguardo si perde nell’ampio Golfo,
nell’azzurro del mare e nelle colline dai caratteristici
oliveti che declinano dolcemente fino alle acque azzurre
dell’Adriatico, sul cui orizzonte si possono agevolmente
scorgere le Isole Tremiti.
Da
mangiare non dimenticate di farvi servire le seppie ripiene alla
sanvitese, tacconcini al sugo di pesce e " le rintrocelle ",
pasta fatta a mano e tagliata con uno speciale mattarello e
infine la immancabile zuppa di pesce che da queste parti è
semplicemente deliziosa.
Continua>>>>
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